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Il bambino sul lungarno spinge il cerchio davanti a sé, la signora, in abito da passeggio e veletta, lo segue accanto alla nurse con la carrozzina e fa ruotare pigramente l’ombrellino che ripara da un sole sbucato all’ improvviso, in questa giornata di fine febbraio.
L’atmosfera intorno è armoniosamente composta. Il vecchio venerando, appoggiandosi al bastone, si sorprende a contemplare l’insieme che compone il quadro vivente.
Si abbottona la redingote sul panciotto, percependo con tenerezza il suo corpo smagrito sotto gli abiti di taglio inglese. Inavvertitamente, segue con gli occhi il roteare dell’ombrellino color polvere sulla spalla della signora, che cammina accanto alla bambinaia dietro al figlio più grandicello.
Considera la stagione dell’inconsapevolezza e si chiede se, e quando, e come, ciò che tutta la sua esistenza ha espresso avrà un seguito.
Certo, quel ragazzetto ha un aspetto più florido del suo alla stessa età e la signora con l’ombrellino color polvere forse non patirà le pene di una madre che già sessant’anni prima trepidava per la salute del figlio.
Eppure -pensa- la sua fibra, nonostante il volto emaciato, i sudori frequenti, gli spasmi notturni, gli attacchi di bronchite, ha resistito alle intemperie del tempo e degli eventi che si sono avvicendati sulla ruota veloce della fortuna, come quel cerchio spinto dal ragazzo. Perché la certezza che si è nati per trasformare il mondo l’ha percepita fin da adolescente quando, al porto di Genova, mentre guardava le nasse di pesce sulla banchina, aveva visto un gruppo di profughi piemontesi imbarcarsi per andare a combattere in Spagna: lo spirito che ha animato i giorni e gli anni a venire non l’ha mai abbandonato, anche quando si è trattato dell’umiliazione del carcere e dell’esilio.
É questo il pensiero che l’insigne vegliardo, affacciato al parapetto del lungarno, lancia nella corrente del fiume perché il suo desiderio di andare incontro alla vita con giustezza si trasmetta agli altri, come è successo con Jacopo Ruffino, il discepolo prediletto, diverso da molti patrioti che spesso dimostravano di tradire l’essenza del suo messaggio.
Ha dovuto lottare incessantemente, ha sofferto la miseria e la lontananza, la nostalgia dell’Italia da Ginevra e da Londra, ma, ora, ciò che più l’amareggia è essere ritornato lì, nella sua patria, sotto mentite spoglie. Mentite spoglie.
Trovarsi alla vigilia dell’ultimo passo di una vita spesa per nobili fini, senza poter disporre ancora della libertà per la quale ha combattuto e dover, invece, continuare a nascondersi e mentire: lui che ha vissuto per affermare la verità.
È amaro il boccone che scende nella gola del vecchio stanco, mentre sale il rigurgito della pozione medicamentosa assunta la sera precedente, inutile rimedio a un destino più volte scongiurato ed ora irrimediabilmente prossimo.
Continua a girare l’ombrellino color polvere sulla spalla della giovane donna che si allontana sul lungarno, gira il cerchio del ragazzo che insegue le fantasie della giovinezza e chissà se abbraccerà mai gli ideali che sono costati la vita a tanti.
Il sole gira infuocando i tetti delle case e l’acqua del fiume che corre: corrono i pensieri nell’ultimo giro della ruota.
Ma adesso il vecchio ha raggiunto l’ultima, intima certezza: non sbaglia se pensa che ci sarà ancora un domani per chi vuole difendere irrinunciabili ideali.


 Teresa Cassani - 07/04/2022 08:31:00 [ leggi altri commenti di Teresa Cassani » ]

Grazie Alessandra!

 Alessandra Ponticelli Conti - 05/04/2022 23:45:00 [ leggi altri commenti di Alessandra Ponticelli Conti » ]

Il grande Mazzini...
Bellissimo racconto, complimenti!

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